«Quando nasce un bambino, il mondo non è mai pronto» (W. Szymborska). Questo assunto è in contrasto con l’idea culturalmente diffusa che la gravidanza sia un evento connotato solo da emozioni positive come gioia e felicità. Questa immagine idealizzata della maternità, infatti, non tiene in considerazione il fatto che la nascita di un figlio non è sempre una strada in discesa: diventare madre può essere fonte di vissuti ambivalenti, che oscillano dalla fiducia nel futuro e nella realizzazione di un proprio progetto di vita e familiare alle preoccupazioni circa l’assunzione del ruolo materno e alla cura del proprio figlio.
Autore: MARTA OSTINELLI*, FRANCESCA CAMARDA**
*Psicologa.**Psicologa.
Fonte: AUPI. LINK RIVISTA SCIENTIFICA DI PSICOLOGIA. VOLUME 1/ 2017.
Secondo il censimento ISTAT, in Italia nel 2014 sono stati iscritti in anagrafe 502.596 bambini (ISTAT, 2014). Si stima che una percentuale collocabile tra il 70 e l’80% di queste neo-madri (Palumbo et al., 2015) sperimenti e manifesti sintomi associabili ad una depressione post-partum transitoria, che non necessariamente esita in un vero e proprio disturbo. Una piccola ma significativa percentuale di donne, circa il 13% delle gravide assistite (Sèjournè et al., 2012), sviluppa entro il primo anno di vita del bambino una vera e propria sindrome depressiva, che prende il nome di “depressione post-partum”.
Appare evidente come la maternità rappresenti una condizione psicologica specifica e non solo un processo fisico di competenza ostetrica. In questo quadro, è di grande importanza la valorizzazione e l’implementazione della presenza dello psicologo in un’equipe integrata, nei reparti ospedalieri di ginecologia ed ostetricia. L’importanza della figura professionale dello psicologo in tali contesti è stata sottolineata anche dalle linee guida per la salute mentale della donna in gravidanza e dopo il parto del National Institute for Health and Care Excellence (2015).
Le linee guida degli USA, appena redatte dall’US Preventive Services Task Force (USPSTF, 2016), sottolineano l’importanza di cogliere precocemente i sintomi della depressione nelle donne incinte e nel periodo immediatamente successivo al parto attraverso l’impiego di specifici strumenti quali, ad esempio, la Edinburgh Postnatal Depression Scale (EPDS).
Una dozzina di Stati americani, attualmente, ha leggi che incoraggiano la pratica dello screening, e il Sindaco di New York, Bill De Blasio, ha di recente annunciato la sua intenzione di introdurre lo screening universale per le donne incinte e nella fase post-partum come parte del normale servizio di assistenza sanitaria.
Affrontare tale disagio in ospedale significa agire per tempo, impedendo il peggioramento, la croni-cizzazione e la psichiatrizzazione della paziente. La presa in carico psicologica della madre ha, inoltre, effetto sulla qualità della sua relazione affettiva con il figlio.
Evidenze sperimentali mostrano, infatti, che i figli di donne con depressione post-partum presentano una compromissione delle competenze sociali, della regolazione emotiva, un incremento dell’emotività negativa e un alto livello di cortisolo (Feld-man et al., 2003). Studi recenti hanno, inoltre, evidenziato le conseguenze degli stati emotivi materni, in particolare depressione e ansia, sullo sviluppo del sistema nervoso fetale e sullo sviluppo psicomotorio del bambino (Della Vedova, 2008).
La maternità rappresenta, così, un’occasione straordinaria di prevenzione se si con-sidera che la risoluzione dei problemi della madre contribuisce a proteggere il nasci-turo dal riflesso di emozioni materne non elaborate, spesso causa di comportamenti inadeguati. L’intervento psicologico dovrebbe, inoltre, essere ad ampio raggio, pre-vedendo la presa in carico dell’intero nucleo familiare neo-costituito, attraverso il coinvolgimento attivo della figura paterna.
A fronte della depressione post-partum, è possibile prevedere interventi psicologici di varia natura: counselling, terapie individuali, interventi rivolti alla diade madre-bambino, alla coppia genitoriale e terapie di gruppo.In letteratura è ampiamente dimostrata l’efficacia della psicoterapia nel trattamento della depressione post-partum; in particolare, da una rassegna sistematica (Dennis & Hodnett, 2007) sull’efficacia dei diversi interventi psicosociali e psicologici appli-cati nel campo della depressione post-partum, non emergono differenze significati-ve sulle diverse metodologie adottate.
L’intervento psicologico, indipendentemente dall’approccio utilizzato, si dimostra efficace nel migliorare la relazione madre-bam-bino e nel favorire l’elaborazione dei vissuti conflittuali legati alla maternità e ai cambiamenti che essa comporta.
La ricerca svolta da Cuijpers e collaboratori (Cujpers, Weitz, Karyotaki, Gerber & An-dersson, 2015) ha permesso di concludere che l’intervento psicoterapeutico porta ad un decremento del livello di gravità della depressione nelle neo-madri, con un effetto positivo anche sulla salute mentale del bambino e sulla riduzione del distress paterno.
Inoltre, alcune evidenze sottolineano l’efficacia della terapia di gruppo con neo-madri nella remissione dei sintomi depressivi (Chen et al., 2000; Mulchay et al., 2010).
Uno studio di Milgrom e Martin (2003), pur riconoscendo l’importanza della farmaco-terapia nei casi più gravi, ha comparato l’efficacia di un trattamento psicoterapeutico rispetto ad un trattamento farmacologico per quanto riguarda la depressione post-partum,
evidenziando come il primo ottenga risultati migliori nel lungo periodo; tali risultati sono stati confermati successivamente da una revisione sistematica (Leis et al., 2009).
L’efficacia della psicoterapia nel trattamento della depressione post-partum è sta-ta recentemente comprovata da uno studio, finanziato dal Ministero della Salute e coordinato dal Reparto di Salute Mentale del Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute (CNESPS), presentato all’Istituto Superiore di Sanità nel Marzo 2015 (Palumbo, Mirabella, Gigantesco, Romano, Cascavilla, Del Re; Centro per il Bambino e la Famiglia, ASL di Bergamo; Policlinico Universitario Gemelli di Roma; Ospedale San Giovanni Calibita, Fatebenefratelli, Roma).L’obiettivo del progetto era duplice: definire modalità di screening praticabili ed ac-cettabili nella realtà italiana per individuare le donne a rischio di depressione post-partum e verificare l’efficacia dell’intervento psicologico.
Lo screening ha riguardato 1558 donne a 6-12 settimane dopo il parto, e 110 di esse sono risultate positive per il rischio di depressione post-partum (7,1%). Circa il 60% di quest’ultime ha suc-cessivamente ricevuto il previsto trattamento psicologico. Gli esiti valutati a 6 mesi dalla fine del trattamento mostrano un miglioramento clinicamente rilevante per la maggioranza delle donne (73%).
Alla luce delle evidenze presenti in letteratura, si auspica che in Italia la figura pro-fessionale dello psicologo divenga una figura di riferimento, così come già avviene in altre realtà, nel trattamento ospedaliero della depressione post-partum, affinché le puerpere possano beneficiare di uno spazio di ascolto in un momento così delicato di cambiamento identitario verso il ruolo di madre.
Commenti recenti